Profughi e migranti: #iostocondibattista

Sul web è tutto un crocifiggere Alessandro di Battista, “colpevole” di aver specificato nel programma di governo dei Cinque Stelle una precisa proposta:

Bisogna trovare soluzione ai grandi focolai di crisi internazionali, senza ricorrere alle bombe. I profughi con diritto di asilo devono essere accolti in Europa e distribuiti uniformemente in tutti i paesi membri. Chi è privo di diritto d’asilo in questo momento storico deve essere espulso. Il termine espulsione non deve essere ricondotto alla destra, alla sinistra, o alla xenofobia”.

Solidarizzo con lui anche perché – avendo espresso, in passato, posizioni analoghe – so cosa significhi essere messo all’indice da tanti che si ritengono “compagni” nonostante sposino le stesse tesi sull’”accoglienza” della Boldrini, del PD, della Sinistra Imperiale, di Soros, della Bonino…

Su un argomento così scottante come le risposte da dare al’immigrazione “clandestina” si potrebbe scrivere a lungo. E difatti, l’ho fatto. con una caterva di articoli (La sgradevole questione della “solidarietà” ai migranti clandestiniLa carta moschicida dell’”Antirazzismo”, La follia della marcia a piedi scalzi, Trattare i migranti come i crumiri?…) e vari videoclip (Anti-razzismo: arma di distrazione di massa”, Sanzioni e profughi). Insomma, potrebbe bastare.

Ma considerato che di Battista ha fatto una doverosa distinzione tra profughi (che devono essere indistintamente accolti) e migranti, permettetemi di approfondire la questione citando una esperienza personale.

Nel 1990 a Ginevra, lavorando per una agenzia dell’ONU che si occupava di emergenze, ho avuto modo di conoscere come gli Svizzeri affrontavano il problema dei richiedenti asilo. Negli aeroporti e alle frontiere, un telefono collegato con la rete consolare svizzera al quale il richiedente asilo, appena arrivato, raccontava la sua storia. D’altra parte del filo un referente del consolato (della stessa nazionalità del richiedente asilo) che valutava la richiesta. In qualche ora il responso: benvenuto in Svizzera o subito sul primo aereo o treno per il rimpatrio. La Svizzera ha così accolto (e continua ad accogliere) centinaia di migliaia di profughi che, assistiti, si sono potuti così integrare senza tanti problemi.

Qualche anno fa, lavorando in Italia per la Protezione civile nell’”emergenza profughi” scopro un altro mondo: più di un anno per ottenere un parere da una Commissione (che si riuniva due giorni alla settimana!). Parere negativo? Non c’è problema: si fa ricorso e il richiedente asilo può, intanto, restare in Italia. “Restare per modo di dire” mi faceva notare con una espressione sorniona un tizio del ministero dell’Interno. “Questi mica restano in Italia: se ne vanno nel Nord Europa”. E con questo sistema, qui da noi, i profughi scappati dalla guerra hanno avuto gli stessi “diritti” di persone venute in Italia per mettere su un qualche business e che, poi, – grazie anche allo smantellamento degli Ispettorati del Lavoro – sono finiti a lavorare – per quattro soldi – in nero. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: xenofobia imperante, fameliche “cooperative” e “associazioni per l’accoglienza” che divorano denaro pubblico, condizioni di vita vergognose per chi abbiamo “accolto”… e, sopratutto, sciagurate “proposte” per dare “un qualche lavoro” ai tanti arrivati qui da noi: come la “paghetta” per impegnarli in “lavori utili”.

Insomma, l’anticamera della Francia dove il Front National di Marie Le Pen si appresta ad andare al governo. È questo che vogliono i tanti che affollano mobilitazioni come “Contro il ricatto del permesso di soggiorno” e che additano come “razzista” di Battista e chiunque espone perplessità sulla, non meglio precisata, “politica dell’accoglienza”? A loro (pur detestando Travaglio) non posso che consigliare questo articolo.

Francesco Santoianni

(articolo già pubblicato nel 2016 nel sito http://pecorarossa.tumblr.com/

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