La bufala Litvinenko e il mistero del Polonio

Si raschia ormai il fondo del barile pur di mettere Putin sul banco degli imputati. Ad esempio riesumando il caso Litvinenko, agente dei servizi segreti russi fuggito nel 2000 in Occidente e morto nel novembre 2006 a Londra per aver ingerito Polonio 210, un isotopo altamente radioattivo. Ucciso da chi? Secondo la moglie, le sue ultime parole accuserebbero il Cremlino. Secondo il fratello di Litvinenko (che vive a Rimini) i responsabili della morte sarebbero i servizi israeliani o USA. Ma che motivo avrebbe avuto Mosca (ad un mese dall’assassinio in Russia della giornalista Anna Politkovskaja) ad ordinare una così plateale esecuzione di un suo ex agente, (tra l’altro, di basso rango e scappato ben sei anni prima)?

Uno dei pochi giornalisti a porsi questa domanda, già nel 2006, è stato Daniel John Angrisani : “…che tipo di informazioni potrebbe aver avuto Litvinenko tali da “far tremare l’attuale dirigenza russa”? Stiamo parlando di una persona che nel 2000 è scappata via dalla Russia assieme al suo protettore, Boris Berezovsky, (ex proprietario del colosso petrolifero Yukos, ndr) affermando che Putin aveva organizzato gli attentati del 1999 per salire al potere con una specie di colpo di Stato, e poi avrebbe dato la colpa ai ceceni. Che altro tipo di informazioni pericolose potrebbe avere una persona del genere, dopo aver fatto accuse così gravi? E poi, se, come afferma l’ex Amministratore delegato del colosso petrolifero Yukos, Nevzin, il motivo fossero state le informazioni riservate da lui fornite a Litvinenko, allora sarebbe stato un colpo completamente fallito, visto che lo stesso Nevzin ha affermato di aver fornito tutte le informazioni a Scotland Yard ed ha detto di volerle rendere pubbliche. Se l’obiettivo era quello di far sparire nel nulla queste fantomatiche informazioni si è ottenuto esattamente il contrario.”

Certo, Litvinenko, nel 2002 a Londra, aveva pubblicato (con i soldi di Berezovskij) ben due libri contro il Cremlino.  Ma era stato un flop editoriale. E così pure un fallimento erano state le sue “rivelazioni” su Romano Prodi emissario del Cremlino. Ma, allora, chi avrebbe avuto interesse ad uccidere Litvinenko, agente di troppi servizi segreti? L’elenco (lunghissimo e frutto di innumerevoli “inchieste” giornalistiche più o meno sponsorizzate) dei possibili colpevoli comincia con i petrolieri russi scappati in Occidente dopo la detronizzazione del Clan Yeltsin, passa per una decina di servizi segreti e finisce, addirittura, con Mario Scaramella. Non vale la pena, qui, di riportarlo.

Meglio, invece, porsi una ovvia domanda. Perché mai i servizi segreti russi (che, certamente, vantano una terrificante professionalità in omicidi) avrebbero usato, per uccidere Litvinenko, il Polonio  210? Il “prestigioso” Le Monde, in una frettolosa inchiestadel 2006 affermava che solo la Russia possedeva, in quantità, questo radioisotopo e, quindi, il suo uso era una specie di “firma” dell’omicida. Ora, a parte il fatto che la storia del monopolio russo del Polonio 210 non era vera, ci sarebbe da chiedere da chiedersi perché mai il Cremlino con una operazione così sconsiderata avrebbe dovuto screditarsi  mandando a monte l’operazione Gazprom  (la fornitura diretta di gas a non pochi stati europei, tra cui l’Italia) che nel novembre 2006 si stava realizzando.

Tra l’altro, il Polonio 210, essendo un radioisotopo, ha la caratteristica di lasciare tracce del suo passaggio. Quindi? Quindi, ecco la “prova” ed ecco, pure, i nomi degli assassini:  “Andrei Lugovoi e Dmitri Kovtun (…) Tracce del veleno (Polonio  210, ndr) vennero trovate negli alberghi, ristoranti e altri luoghi pubblici da loro visitati.“ Davvero singolare che La Stampa non si chieda perché mai due sicari dovrebbero andare in giro con il Polonio, prima e dopo l’omicidio, lasciandosi dietro queste inequivocabili tracce.

Ma com’è che a nessuno viene in mente che questo utilizzo del Polonio sia stato uno sbracato espediente per far cadere sui Russi la responsabilità dell’omicidio?

Francesco Santoianni

(articolo già pubblicato nel 2016 nel sito http://pecorarossa.tumblr.com/

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